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venerdì 10 luglio 2009

II caso Rovigo, le Caritas del Veneto e gli extracomunitari che tornano a casa

II rimpatrio degli immigrati «disoccupati»

II caso Rovigo, le Caritas del Veneto e gli extracomunitari che tornano a casa

Tratto dal Corriere del Veneto del 10/07/2009

PADOVA - Fa discutere la decisione dell’assessore rodigina di Rifondazione comunista, Giovanna Pineda, pronta (come prima tranche) a stanziare 4mila euro per rimpatriare gli stranieri. Circa 400 euro a testa. Cioè viaggio aereo e poco altro. Per quelli, ovviamente, che hanno perso il lavoro e vogliono tornare a casa. n progetto deU’ammmistratrice con deleghe all’Immigrazione e alla Pace, tranne dietrofront, dovrebbe essere ratificato nella prossima giunta (ancora da fissare), presieduta dal sindaco Fausto Merchiori. Ma la scelta dell’esponente comunista continua a non convincere il direttore della Caritas diocesana di Rovigo, don Sante Bellinati: «Spero che quella della Pineda - ha ripetuto anche ieri - sia soltanto una boutade per farsi un po’ di pubblicità ed avere qualche foto sui giornali.. .Com’e possibile concepire gli immigrati solamente come forza-lavoro e non come persone con proprie dignità e diritti? Com’è possibile prima attirare questa gente in Italia, con l’offerta di posti nelle imprese e poi rispedirla da dove è venuta, quando quegli stessi posti, per colpa della crisi economica, vengono a mancare? Questo tipo di atteggiamento, si può chiamare in un solo modo: sfruttamento». Ma lo «scontento» di don Bellinati non trova la sponda delle altre Caritas del Veneto. Anzi. «GB stranieri che perdono il lavoro, ben più di quel che succede a noi italiani, rischiano seriamente di finire ai margini della nostra società ha spiegato, da Treviso, don Davide Schiavon (protagonista di un’iniziativa simile a quella di Rovigo nella Marca) - Di perdersi psicologicamente, nell’alcol e nella drogaúRimpatriare chi ne ha vo glia, può essere la soluzione meno peggio…». «Dal punto di vista morale - gli ha fatto eco, da Venezia, monsignor Fabio Longoni - nulla c’è da eccepire. Basta che la volontà dell’immigrato di tornare a casa sia accertata fino in fondo. A suo modo, questo rimpatrio assistito può essere un’alternativa forma di accoglienza. Anche perché, una volta perso il lavoro, la maggior parte di questa gente non ha nemmeno diritto alla cassa integrazione…». Da Vicenza, dove un piano del genere è in atto da quasi cinque anni, hanno preferito non «scontrarsi» con i «colleghi» rodigini. E lo stesso pure a Padova, dove l’operazione-rimpatrio, con Caritas e Comune uniti, potrebbe partire molto presto.

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